Pregare il Vangelo della XXXI domenica
La pagina di
Vangelo di questa domenica fa parte di un lungo discorso che raccoglie una
serie di ammonizioni rivolte da parte di Gesù a coloro che più volte lo avevano
avversato e messo alla prova, e che facevano parte delle guide legittime del
popolo, ritenuti maestri delle sacre Scritture e modelli da seguire.
Qui Gesù,
rivolgendosi ai discepoli e alle folle, denuncia tre atteggiamenti di scribi e
farisei che in
realtà nascono da inclinazioni che abitano in ogni uomo e a cui tutti dobbiamo
sempre stare attenti. Gesù sta parlando a ciascuno noi, mettendoci in guardia
dall’ipocrisia, dal bisogno di apparire e dall’amore per il potere. Essere
esigenti con gli altri su aspetti che noi per primi non siamo in grado di
osservare; fare le cose per essere visti e riconosciuti dagli altri; essere
chiamati maestri e padri pensando che la nostra dignità dipenda dai titoli che
abbiamo. Sono tutte tentazioni che stanno alla porta del nostro cuore.
Ma che cosa sta, in fondo, alla radice di questi
atteggiamenti? Il non sapersi e sentirsi amati. Siamo figli di un Padre che ci
ama in modo del tutto gratuito e incondizionato. La nostra dignità sta in
questo. Ma se non abbiamo questa coscienza, il nostro naturale bisogno di
ammirazione e di stima si tradurrà in pretesa e prevaricazione. Se non scopro
la mia identità nella stima e nell’amore infinito che Dio ha nei miei
confronti, la cercherò necessariamente in qualcos’altro: cercherò di ottenere
questo amore attraverso le cose che in qualche modo mi rendono ammirabile ai
miei occhi e a quelli degli altri.
Qual è il “vangelo”, cioè la buona notizia di questo
discorso così duro di Gesù? Qual è la possibilità annunciata? È quella di una
vita diversa, nella quale riconosciamo di essere tutti figli in cammino, tutti
discepoli bisognosi di essere guidati dal Signore. Una vita diversa, nella
quale i doni che ciascuno di noi ha invece di venir usati per sentire di essere
qualcuno, per ottenere lodi e riconoscimenti, per dominare, possono essere
messi in gioco per amare e per servire, come Dio fa con noi.
Il più grande è chi ha il cuore più grande, chi ha il cuore
come quello di Dio, cioè chi ama di più, chi mette la propria vita a servizio
dei fratelli.
Suor Sara della Trinità
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