Incontri ad Arcetri: NUDITA'
"Quello che piace a Lui è di vedermi amare la mia piccolezza" S. Teresa di Gesù Bambino
Quale sentimento, quale pensiero, evoca in me la
parola “nudità”?
Dopo questa prima provocazione, inoltriamoci nel tema guardando alla Parola
di Dio, accompagnati da S. Giovanni della Croce e S. Teresa di Gesù Bambino.
Nudità originale: siamo nati nudi, è la nostra condizione di vita. I
padri interpretano questo stato originario che troviamo nei primi capitoli
della Genesi, come uno stato di ignoranza del male, e un’assenza di atti di “male”.
Nessuna malizia, nessuna doppiezza. La natura umana quando è integra, persegue
il vero bene dell’altro, ama. Ed è concorde alla volontà di Dio. Integrità: non
c’è neppure il desiderio di conoscere il male, neppure curiosità. Per questo
motivo, tutto è puro. Quando si è puri dentro, nulla dall’esterno può
contaminare. Perchè il male non viene dall’esterno, quanto dall’interno, da un
cuore già “ammalato”. S. Giovanni della Croce indica tre vie nella sua salita
al monte Carmelo, per raggiungere l’unione con Dio: la via purgativa, la via
illuminativa e la via unitiva (il matrimonio spirituale). Strofa 26: siamo
nella terza tappa di unione con Dio. L’anima beve dell’amore dell’amato. L’anima
rapita dall’amore viene trasformata tutta in Dio, diviene come suo specchio,
diviene a sua immagine e somiglianza, in lei traspare Dio. L’anima ha compiuto
il cammino di purificazione, ed è tutta in Dio.
S. Paolo: tutta la vita dobbiamo combattere contro questo germe di male che
è dentro di noi, è il combattimento spirituale. E la vita misitica è lasciare
che Cristo vinca in noi il male, restare uniti in Cristo.
Nudità come privazione di grazia: paura, vergogna. Disordine della vita
interiore e nella relazione con l’altro e con l’esterno. Stato di debolezza:
vorrei fare il bene, ma faccio il male che non voglio (S. Paolo). Circolo
vizioso, l’uomo fa quel che non vuole e dunque si vergogna di se stesso e davanti
a Dio, e si nasconde. Foglia di fico: Adamo ed Eva cercano di nascondersi, è
espressione della vergogna di incontrare Colui che ci dà la vita e il senso
della vita. S. Giovanni della Croce: l’anima è come prigioniera, soggetta alle
passioni. È prigioniera di se stessa. Abbiamo bisogno della Grazia.
S. Teresina: nel suo viaggio a Roma supplica la Madonna di allontanare da
lei stessa quel che potrebbe turbare la sua purezza. Ma poi afferma: non c’è
male per un cuore puro. Il cuore puro sa infatti vedere il bene anche sotto le
righe.
Dove sei?
Adamo si nasconde per la sua nudità, e Dio gli chiede: Dove sei? Dio non
rompe la sua relazione con l’uomo, ma lo interpella e fa in modo che prenda
coscienza di sè: come ti trovi in te stesso? Come e perchè hai deviato dalla
tua strada? Nessuna condanna o giudizio, si tratta bensì del tentativo di Dio
di restaurare la relazione. È la nostra occasione per ritornare a Dio, perchè
in Dio troviamo sempre accoglienza. Adamo a questa domanda non si prende la responsabilità
di ciò che ha compiuto. Non si “mostra” senza ambiguità, così com’è. Ma fugge.
Instaura una relazione di paura, sfiducia, solitudine. Questa domanda è rivolta
a ciascuno di noi, come invito a tornare a Dio nella verità della condizione in
cui mi trovo.
Ti sei scoperto nudo? Ti sei nascosto? Dove sei ora? Qual è la tua
condizione attuale nella relazione con Dio?
Spogliarsi dell’uomo vecchio e rivestirsi dell’uomo
nuovo:
S. Paolo usa più volte la metafora dello “spogliarsi” per indossare il
vestito della Grazia. Non si può mettere un vestito nuovo lasciando sotto
quello vecchio, sporco, stracciato. Il vestito nuovo è rappresentato dai
sentimenti di Cristo: bontà, magnanimità, pace...Nel Battesimo abbiamo ricevuto
già questo abito di Grazia. Non riponiamolo nell’armadio di una pia pratica
devota. Ma indossiamolo ogni giorno con un esercizio di tenerezza, umiltà,
bontà.
S. Giovanni della Croce “Salita al monte Carmelo”: ci invita ad entrare per
la porta stretta e imboccare la via angusta. Sperimentare aridità e vuoto dello
Spirito, perchè spogliati di tutto, possiamo restare nell’essenziale: Dio solo
basta. C’è un aspetto pratico e ascetico della sequela di Cristo, che consiste
nel distacco da ciò che ostacola la nostra unione a Dio, o la rallenta, la
appesantisce.
S. Teresina, lettera 109: sono debole. Ogni giorno ne faccio nuova
esperienza. Ma mi vanto delle mie infermità. E trovo la perfezione nell’esercizio
dell’amore: amare. L’amore è la chiave per camminare in questa via angusta che
ci conduce al Signore.
Rinascere con Gesù Cristo: Gesù nasce. Dio stesso, venuto nel mondo,
nudo, deposto su una mangiatoia. Nasce come ogni uomo: povero, debole, nudo.
Non c’è nulla di cui vergognarsi. L’uomo vale per quello che è, più che per
quello che ha. È infatti immagine di Dio. La nudità di Cristo ci mostra che
questa nudità stessa è cammino di liberazione e redenzione: amare la propria
nudità, povertà, è cammino di salvezza, di gioia. E amare di essere spogliati,
per giungere all’essenziale.
S. Giovanni della Croce: nell’unione d’amore l’uno si dà all’altro.
Doniamoci nella totalità di noi stessi. Nel cammino di unione, Cristo guarda l’anima
con uno sguardo indicibile di bellezza, e questo sguardo si sigilla nell’anima,
fidanzandola a sè, trasformandola in Cristo stesso. “Non sono più io che vivo,
ma Cristo vive in me”.
S. Teresina: la piccola via. “Se qualcuno è piccolissimo, venga a me!”. L’ascensore
che mi innalza verso il Cielo, sono le tue braccia, Gesù, per cui bisogna che
resti piccolissima! Fiducia totale in Cristo. Amare la nostra povertà.
Cosa significa per me ora, accogliere in me la
vita stessa di Cristo?
Che significato concreto assume, nella mia vita, l’invito ad “amare la
propria debolezza” per “rinascere a creatura nuova”? Amare la propria povertà,
significa riconoscerci creature di fonte al creatore. Scoprire i propri limiti,
andare fino in fondo ai propri limiti, senza lassissmo e senza gonfiare se
stessi, significa poter sviluppare tutta la propria misura specifica senza
negare la propria realtà umana. È un cammino straripante di creatività,
beatitudine. Abbandonare la pretesa di “superpotenza”, del “bastare a se stessi”,
del “farsi da soli”, ci permette di unirci nuovamente a Dio, e trovare in Lui
pienezza e gioia. Amerò la mia condizione di creatura. Questo rende tranquilli,
felici, perchè si è ritrovato il senso più essenziale della propria vita, la
relazione fondante con il Dio della vita. Questo cammino permette di
abbandonare l’illusione di fronte a se stessi per affrontare coraggiosamente e
liberamente il reale, il presente, la giusta condizione di creatura e il
compito/chiamata che a ciascuno viene affidato.
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