Pregare il Vangelo della II domenica di Quaresima: Cerco il tuo volto
Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il tuo
volto, o Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto. Così recita l’antifona d’ingresso della
celebrazione eucaristica odierna, facendoci pregare con le parole del salmo 26,
che è un canto di fiducia elevato al Signore che salva nella prova e sostiene
nella bufera. La ricerca del volto di Dio è un motivo biblico ricorrente, ed è
espresso in modo esemplare nei salmi. In essi l’espressione «cercare il volto del Signore» è
spesso sinonimo dell’entrare nel tempio, per celebrare e per fare esperienza
della comunione con Dio. Ma l’espressione contiene anche un altro significato,
quello del bisogno e della ricerca dell’intimità con Dio mediante la preghiera.
È proprio in particolare nella liturgia e nell’orazione personale che a noi
uomini è concessa la grazia di intuire quel volto divino che - è vero - non
potremo mai direttamente vedere durante la nostra esistenza terrena, ma che Dio
ha rivelato, in una forma accessibile, nel suo Figlio Gesù Cristo.
Nella narrazione evangelica di questa domenica, Gesù sul
monte rivela la sua divinità al di là dell’apparenza: viene trans-figurato,
si rivela al di là dell’immagine. Gli apostoli, in modo inaspettato, si
ritrovano a contemplare Gesù di Nazareth, il Gesù che conoscevano, il loro
maestro, che si svela loro nella sua forma più autentica di Figlio di Dio. È
un’esperienza travolgente, di una bellezza immensa, impossibile da esprimere
con un linguaggio adeguato, e che i sinottici riportano con diverse
sottolineature: in Matteo il volto brilla come il sole, in Luca cambia
semplicemente di aspetto, Marco non dice nulla del volto mentre sottolinea la
percezione della metamorfosi delle vesti, aspetto presente in tutti e tre gli
evangelisti. Invece del corpo e del volto umani, quotidiani di Gesù, il
cambiamento dà loro la visione di un corpo e di un volto luminosi, che sono “altro”,
trasfigurati da un’azione che non può essere che divina. Colui che, come
leggiamo nell’inno di S. Paolo della Lettera ai Filippesi (Fil 2,6-7), “essendo
in forma di Dio, non considerò un tesoro geloso l'essere uguale a Dio, ma
svuotò sé stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli
uomini; essendo trovato nell'esteriore come un uomo, abbassò sé stesso
...”, colui che dunque prese la forma di uomo, ora, nella trasfigurazione,
riprende la sua forma di Dio e viene contemplato nella sua luce divina. Ma la
visione svanisce e Gesù è di nuovo contemplato «solo» nell’umiltà quotidiana
della natura umana. È il Dio trascendente dell’Antico Testamento, quel Dio
che si è rivelato a Mosè nel roveto ardente e ad Elia nella brezza leggera. Ma
è soprattutto un Dio che diventa “volto”, un volto costantemente desiderato e
cercato dall’uomo della Bibbia, che cammina muovendosi tra fiducia e dubbio,
tra saldezza e timore. Gesù è quel volto. La Presenza-Dimora di Dio,
simboleggiata dalla nube, non è più una tenda, non è più un Tempio, ma è in
Gesù. La voce dalla nube dice: «ascoltatelo!»: è Gesù la Parola vivente di Dio,
è lui che può dire in verità chi è Dio. Il Dio glorioso, Signore dell’universo,
è l’uomo che si fa servo degli uomini, che si sta incamminando verso
Gerusalemme, verso cioè la sua passione, e che dopo aver perso la vita per noi,
la riprenderà nella sua gloria divina.
Il mio cuore
ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il
tuo volto, o Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto. Nel finale il salmista esprime la certezza di «contemplare la bontà
del Signore nella terra dei viventi». Noi abbiamo la grazia di contemplarla, in
Gesù.
Sr Sara della Trinità
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