Quarto step
Siamo
arrivati al quarto step del nostro cammino spirituale, e come parlare del
cammino interiore senza parlare della andariega de Dios ovvero la “vagabonda”
di Dio: Santa Teresa di Gesù? Per Teresa la vita è un cammino continuo e il suo
motto era: “Camminiamo insieme Signore” (C 26,6)! La preghiera è un
cammino che “porta al cielo” (V 8,5) e la santità è un cammino di
perfezione. Lei stessa è stata una donna sempre in cammino, una sposa che
lavora e si consuma per il suo Sposo. Era in cammino per Cristo e per la sua
Chiesa.
Non troveremo un’altra buona maestra
e guida migliore di Teresa! Abbiamo scelto una delle opere meravigliose che ha
lasciato al Carmelo e alla Chiesa: il Castello Interiore. È un vero capolavoro, parla del cammino
spirituale del cristiano e presenta un itinerario verso il centro dell’anima
dove Dio dimora, quindi ci porta a un livello molto profondo di interiorità, ma
anche ci proietta verso una logica di “estroversione”, cioè di apertura verso
l’esterno, verso l’amore per il prossimo.
Teresa, nel suo libro, propone un
percorso di crescita descritto in sette “dimore” o “mansioni” o
“stanze” , collocate nell’uomo interiore. Non si tratta certo di luoghi, ma
piuttosto di “modi di essere”. Teresa lancia una proposta di viaggio, per cui è
“Beato chi decide nel suo cuore il santo viaggio” (Sal 83,6), partendo
dalla realtà umana segnata dal peccato fino a raggiungere la piena
trasformazione della persona in Cristo, ovvero la settima stanza. Non è una meta irraggiungibile, perché è un dono di Dio e perché l’ha
vissuto Teresa stessa sulla propria pelle.
Il
castello di cui parla Teresa è fondato su tre cardini molto importanti ricavati dalla Sacra Scrittura:
1)
Nel castello ci
sono molte stanze “Nella casa del Padre mio ci son molte dimore.”
(Gv14,2)
2)
L’anima del giusto è un paradiso dove Lui pone
le sue delizie; (Prov. 8,31)
3)
Dio ci creò a
sua immagine; «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza.”
(Gen 1,26)
Teresa
ci regala la sua esperienza personale ed intima del Castello, condivide con noi
la sua realtà interiore per poter portare anche noi a questa intimità con il
Signore.
“Possiamo
considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o
di un tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne
sono in cielo.” (M1,1)
Teresa ci
introduce in questo viaggio interiore a partire da una grande stima per la
persona umana e parla in positivo “della bellezza e dignità delle nostre
anime”. Infatti l’uomo è l’essere più simile a Dio: non solo è fatto a sua
immagine e somiglianza, ma ha anche la capacità di contenerlo. Non solo ha la
vocazione alla relazione con Dio, alla comunione con Lui, ma il suo stesso
essere è strutturato come “capace di Dio”.
Nel
primo capitolo del libro, Teresa scrive:
“… dovete sapere che vi è una grande
differenza tra un modo di essere e un altro, perché molte anime stanno soltanto
nei dintorni, là dove sostano le guardie, senza curarsi di andare più innanzi,
né sapere cosa si racchiuda in quella splendida dimora, né chi l’abiti, né
quali appartamenti contenga.” (M1,5)
Teresa sa - per esperienza - che
l’uomo può perdersi e svuotarsi da solo e invece di prendere contatto con la
propria interiorità, sta sempre altrove, disperdendosi all’esterno e perdendo la
propria identità. Per questo non basta sapere che il castello esiste, vale la
pena entrare.
Ma come posso entrare nel mio
castello? La risposta ce la dà Teresa: “La
porta per entrare in questo castello è l’orazione e la meditazione.” (M1,7)
Sembra una risposta strana e a sproposito:
che c’entra la preghiera con l’ingresso nel mio castello? In realtà, il
castello è uno spazio sacro, è un luogo santo perché lì abita il Santo. Quindi per
entrarvi bisogna mettersi in relazione con Dio, con colui che abita questo
edificio, ovvero parlare a tu per tu con Lui, il Dolce Ospite dell’anima, ovvero
pregare.
Le prime dimore
del castello sono il luogo della conversione. Effettivamente nel primo
capitolo di queste dimore, Teresa ci offre una visione positiva della nostra
persona e ci consiglia di convertire il nostro sguardo su noi stessi, né troppo
alto che ci porterebbe ad essere orgogliosi né troppo basso, che farebbe di noi
persone depresse.
Entrare in
queste dimore è un po’ come prendere coscienza della nostra umanità, fragilità,
luci e ombre della nostra persona; e insieme a tutto questo la certezza di
essere chiamati al rapporto personale con Dio.
Se
vuoi entrare nelle prime dimore/mansioni, cammina con Gesù fissando il tuo
sguardo su di Lui senza voltarti indietro. Confida in Lui. Sarà Lui, Gesù, che
ti accompagna nel tuo varcare la soglia della conoscenza di te stesso. E ciò
può avvenire soltanto dando avvio ad un dialogo continuo con Lui come con un
amico.
Sr Dina della Santa Famiglia
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