150 anni - una storia di santità 4: LA PREGHIERA
C’è chi vive la preghiera come una tortura, perchè è un tempo che non sa
come riempire, prova noia, non si sa che dire. C’è chi vive la preghiera come
un tempo di pace e sollievo, di benessere, in cui decomprimersi rispetto allo
stress e alle preoccupazioni. La preghiera ha in sè entrambi gli aspetti: fatica
e sollievo. Eppure il punto non sta nè in questo nè in quello. È normale
infatti che non solo nell’arco della vita, ma nell’arco di una stessa giornata,
si alternino i momenti di aridità a quelli in cui viene più spontaneo raccogliersi.
Il punto sta nella consapevolezza che questo tempo è, comunque sia, un tempo
molto prezioso, e mai sprecato. È un tempo infatti di autenticità, in cui
restare nella verità di se stessi, sotto lo sguardo di Dio, che ama e perdona. La
verifica non sta tanto in un’analisi della propria prestazione davanti a Dio,
bensì nel vedere se questo cammino di preghiera (più o meno arido) porta frutti
di carità. Tanto più questo tempo speso nel silenzio e nel rapporto con Dio mi
apre alla relazione con l’altro, mi apre ai bisogni dell’altro, al perdono e
all’accoglienza, tanto più è segno che l’amore di Dio ha trovato il tempo e lo
spazio per fare radici nella profondità di me stesso:sono dunque sulla buona
strada. È quello che si può notare nel percorso di Bettina:
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