Pregare il Vangelo della IV domenica di Quaresima: GIOIA

 

Oggi è la domenica detta laetare, cioè della gioia, e la liturgia ci mette davanti il motivo della gioia: Dio ci ama. È una delle proposizioni più semplici che si possano immaginare – osserva R. Cantalamessa – un soggetto, un oggetto, un verbo, eppure contiene il pensiero più vasto che l’uomo possa concepire: Dio e l’uomo e, tra essi, l’amore. Non è solo un pensiero, è una realtà. Una realtà presente da sempre, dall’eternità, manifestata nella storia del popolo d’Israele e rivelata in modo pieno nel Figlio di Dio fattosi uomo, in Gesù che dà la sua vita perché noi possiamo avere la vita. Quella vera, che l’evangelista Giovanni qualifica con l’aggettivo eterna. Non è solo la vita senza fine dopo la morte, ma una realtà già presente ora in chi crede: è la vita che non muore, che nessuna cosa al mondo può togliere, che pulsa anche di fronte agli ostacoli, alle difficoltà, alla sofferenza, che permane anche quando le proprie potenzialità e aspirazioni umane non si realizzano. Perché ha le sue radici nell’amore. L’amore è l’ossigeno della vita (E. Ronchi): non si può vivere veramente, come uomini, senza essere amati. E non amati solo nelle realtà luminose della nostra persona, ma amati anche nella nostra debolezza, nelle nostre povertà, nelle nostre zone d’ombra. Uno può vivere davvero solo quando è amato così. Dio ha questo amore nei nostri confronti. Nel dialogo notturno con Nicodemo, capo dei Giudei, Gesù comunica la parola essenziale per la nostra vita: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Questo amore che ci dà la vita non ce lo possiamo dare da soli, perché da soli noi, di fronte alle nostre fragilità, alle macchie, agli errori, siamo portati a nasconderci, a difenderci, a proteggerci cercando in qualche modo di celarci dietro una maschera. Perché in fondo abbiamo paura di non essere accettati, di essere condannati, e non solo dagli altri uomini, ma anche da Dio stesso. Facciamo fatica a lasciarci guardare per quello che siamo anche da Dio. Per questo rischiamo di chiuderci nella paura e nella tenebra, fino a diventarne schiavi. Da questa situazione noi non usciamo da soli, non ci salviamo da soli, bisogna che intervenga Dio. Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché guardando Gesù che dona la sua vita per noi sulla Croce, vediamo quanto siamo amati da Dio. Lì finisce il male. Vediamo che Dio non vuole condannare nessuno, ma salvare tutti, spezzare le nostre catene, liberarci dal male. Questo amore ci dà libertà, perché quando una persona sa di essere amata così si sente libera dalla paura e può venire alla luce. Guardando alla Croce non scopriamo solo chi è davvero il nostro Dio, ma anche chi siamo noi, qual è la nostra dignità: noi valiamo la vita di Dio.

Cosa fare davanti a tanto amore? Possiamo rispondere contraccambiandolo: riamare Dio che ci ama. Possiamo amare i nostri fratelli come Lui ha amato noi. C’è però qualcosa che viene prima di queste due reazioni e che le rende possibili: credere a questo amore che Dio ha per noi. Solo questo cambia la vita.     

 

Sr. Sara della Trinità

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